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Le lacrime di Fabio Quagliarella |
Usciamo dal mondiale sudafricano veramente come peggio non si poteva. Con il terrore nelle gambe e nel cuore, per ammissione di Marcello Lippi, simbolo di una nave che cola a picco e che trascina nello scoramento un'intera nazione di pallonari. Quel Marcello Lippi, uomo orgoglioso e che si è cucito addosso il ruolo dell'antipatico, che quattro anni fa ci ha portati a conquistare il titolo più ambito, questa volta ha dimostrato di essere poco lucido nelle scelte sia degli uomini che del modulo, e tale insicurezza trasmessa alla squadra è diventata fatale. Perché altrimenti non si spiega la bella figura che hanno fatto Nuova Zelanda e Slovacchia contro la corazzata Italia, o almeno quella che si sperava doveva essere una corazzata. Squadre molto modeste che diventavano incubo per gli italiani ogni volta che si avvicinavano all'area di rigore, mentre gli azzurri si perdevano negli ultimi trenta metri per costruire palle gol.
Probabilmente siamo anche stati sfortunati per gli infortuni che ci hanno condizionato nella testa e nel gioco, vedi quello a Buffon e quello ancor più importante ad Andrea Pirlo, faro del gioco italiano, l'unico giocatore capace di tessere trame di gioco valide per una nazionale che certo non brillava per fantasia. Ma la sfortuna o gli infortuni non possono essere un alibi per una nazionale quattro volte campione del mondo, con giocatori di medio/alto livello che non riesce a passare un girone con Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia.
Torniamo a casa da ultimi di una girone facilissimo, con negli occhi le lacrime di Fabio Quagliarella, che fino all'ultimo, con la sua classe e la sua fantasia, ci ha fatto sognare in un mondiale senza poesia. Ricorderemo la voce amareggiata e rotta dalla delusione di Lippi, che si prende tutte le responsabilità della disfatta azzurra, come è giusto che sia per un uomo che ha voluto restare coerente fino alla fine con le proprie scelte.
Difficilmente dimenticheremo questa umiliante sconfitta per noi popolo di poeti e navigatori costretti a tirare calci ad un pallone per sentirci più italiani.
Knocker